Vi è qualcosa di singolare, e vorrei dire di lievemente immorale, un un libro che tratta del futuro; in questo caso, di un futuro che ha un nome, il “2000”. Vorrei che quel che ho detto fosse ragionevolmente chiaro: l’immoralità non sta nell’occuparsi del futuro – l’uomo l’ha sempre fatto – ma nell’occuparsene tramite un libro. Forse la parola “immorale” è di per sé un poco immorale; forse dovrei supporre che il ricorso al libro, dal lancio delle monete all’apertura casuale di libri che parlano d’altro, sono venuti meno, […] in secondo luogo l’esistenza del libro sul futuro dà l’impressione che si sia formata una idea omogenea del futuro, che, insomma, tutti siano convinti che il futuro sia collocato in una certa serie, e che basti aspettare ed ecco, ad un certo punto saremo nel 2000, sia che ci siamo arrivati noi, o che quell’anno prestigioso sia giunto fino a noi, scavalcando le salme di venti anni superati; vi è, infine o insomma, l’idea che il futuro sia niente altro che una forma di presente che ci verrà fornito per i nostri esperimenti con noi stessi; vorrei anche aggiungere che, essendo il libro scritto oggi, quando il 2000 non è ancora arrivato, accade che quel futuro sia presente per noi appunto come futuro; ma non sappiamo quale genere di futuro sarà presente come futuro quando il 2000 sarà arrivato, e questo inficia le nostre fantasie, giacché il modo di pensare il futuro è parte essenziale del presente, e chiunque vorrà definire il 1982 dovrà porre in chiaro il modo in cui, nell’82, erano presenti forme, date, e categorie del futuro. Il 2000 di cui si parla in questo libro è uno strano anno, giacché pare privo di futuro. A mio avviso, l’impossibilità di parlare del futuro dal punto di vista del 2000 restituisce al 2000 la sua mirabile dimensione impossibile, di luogo di sogno, dei dadi lanciati nell’aria, dei segni viscerali e delle forme del fumo. Ma da qui appunto viene lo strano, inquietante interesse di questo libro: dal fatto di essere un libro impossibile, riferito ad un luogo che è in realtà mentale, un luogo che è “pensato”, giacché noi non riusciamo più in nessun modo a concepire il futuro come una categoria, una forma, un universo popolato di immagini e segni perentori e illeggibili. Quando diciamo “2000”, che intendiamo? Non una scadenza della storia, il punto riconoscibile di un itinerario; ma un Numero, qualcosa che viene ad un certo punto di una serie, ma non è stato generato dalla serie precedente, né verrà distrutto dalla serie successiva. In un certo senso ogni anno è 2000, ma nell’altro senso, che è possibile sfiorare innumerevoli volte in queste pagine, nessun anno lo sarà mai abbastanza. Il 2000 ci corre davanti. Potremo mai raggiungerlo?
Interviste con Alberto Arbasino, Giulio Carlo Argan, Norberto Bobbio, Italo Calvino, Umberto Eco, Luigi Firpo, Serena Foglia, Rita Levi Montalcini, Siro Lombardini, Cesare Musatti, Aurelio Peccei, Michele Pellegrino e Andrea Zanzotto.
Con una poesia di Primo Levi
Introduzione di Giorgio Manganelli